kope
Kant è considerato uno spartiacque della filosofia. Con lui la Germania diventerà il baricentro della cultura filosofica. L’idealismo diventa la filosofia dominante. È ritenuto un giano bifronte perché è uno degli ultimi illuministi, ha scritto il “was ist Aufklärung(cos’è l’illuminismo)“; volge però lo sguardo al romanticismo. In questo saggio dice che l’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità imputata a se stesso. Minorità è l’incapacità di usare la propria testa e non dipende da difetto d’ intelligenza ma da mancanza di indipendenza e coraggio: serve il coraggio di sapere (sapere audi). Sapere non vuole solo dire sapere, ma anche approfondire, essere sapidi. È illuminista perché ritiene che usare la ragione per sapere sia fondamentale. Ripugna la sapienza utilitaristica. La condizione di minorità rappresenta l’ignoranza e l’idea sul sapere di Kant è più una mentalità, uno stile di vita. Sapere esclude ogni forma di dogmatismo, accetta le verità solo se vengono da un tuo ragionamento o una tua esperienza. Un idolo di Kant è Newton. Il suo illuminismo, come quello generale tedesco, non ha un sentimento di rivoluzione, è un invito a liberarsi dei pregiudizi. Un pregiudizio è un giudizio frettoloso della mente, formulato senza l’uso della ragione. Pregiudizio/peccato, entrambi tendono a rimanere nascosti, entrambi rovinano uno la vita uno la tua conoscenza.

1719- scritto da Cassirer “vita e opere di Immanuel Kant” prima in tedesco e poi tradotto in italiano. 

Kant nasce a Königsberg (ora si chiama Kaliningrad e c’è una statua di Kant). Studia Teologia attraverso il manuale di Christian Wolff, di impronta Leibnitziana. Legge moltissimi autori, dirà che la lettura di Hume ha rivoluzionato la sua vita dogmatica. Kant darà tanta importanza al “trattato sulla natura umana“ di Hume. Kant nasce in una famiglia di pietisti ( una seconda ondata di spirito protestante diffusosi in Europa ). 

Pietismo = luteranesimo ancora più ortodosso, concepiscono la fede come antidogmatista, essere pietisti non vuol dire credere in Dio a livello di pensiero, la vera espressione religiosa si esprime vivendo secondo le regole di Gesú. 

Kant farà prima il precettore privato e poi insegnante di filosofia a Königsberg, ebbe una vita piuttosto metodica (leggenda: gli abitanti regolavano gli orologi secondo le sue azioni). Kant non era però noioso o severo, Kassirer dice che era di carattere brillante, spiritoso ed amato dai suoi studenti (alla sua morte vendettero le sue ciocche di capelli). Un suo alunno (Herder) scrisse ottime parole su di lui.  Nel 1770 fa un concorso per insegnare metafisica, scrive la dissertazione (argomentazione) del ‘70, opera centrale per definire il pensiero di Kant maturo. Questo fu molto colpito dagli eventi suoi contemporanei, in questo caso la rivoluzione francese e quella americana. Kant ritiene che la libertà di pensiero e quella di espressione vadano sempre rispettate, quindi vede la rivoluzione francese come una lotta tra l’umanità ed il dispotismo. 

Filosofia:

•Progetto filosofico: quasi progetto illuministico, vuole portare avanti una filosofia CRITICA = progetto antimetafisico (deriva dal greco Crino:giudicare), una filosofia che si assume il compito di spulciare e giudicare il sapere, quindi devo rinunciare al dogmatismo. Essere filosofo non può che voler dire altro che rinunciare ad ogni forma di dogmatismo e definisce la sua epoca un’epoca critica. Io non mi fermo al giudizio espresso da altri ma mi do la possibilità di pensare con la mia testa. L’intelletto di Kant è giudice e imputato, devo avere il coraggio di giudicare tutto, anche me stesso. Comincia a capire che non vuole adottare lo scetticismo di Hume seppur adorando i suoi scritti, prende le sue critiche come valori ma le sue soluzioni no. La filosofia critica di Kant si chiama Ermeneutica della finitudine (interpretazione della capacità limitata della nostra mente). Utilizza l’immagine delle colonne d’Ercole, queste erano imposte dall’esperienza. Vi è una forte tensione ad andare oltre, ma dal lato pratico non riusciamo ad arrivarci, sprofondiamo nel buio e nelle supposizioni. Kant è anche il filosofo del Trascendentale, che è un approccio filosofico (quasi cartesiano) a partire dal cogito, che trascende la realtà come essa è e che si concentra sulla realtà come appare al cogito. Trascendentale è ciò che precede l’esperienza. Il trascendentale parte dall’IO PENSO, ICH DENKE, APPERCEZIONE TRASCENDENTALE. 

Opere del primo periodo o scritti giovanili che vanno fino al 1760 e l’interesse in queste opere è per le scienze naturali. Poi abbiamo quelle del secondo periodo in cui prevale l’interesse filosofico e soprattutto per l’empirismo inglese. Poi abbiamo gli scritti del terzo periodo che vanno dal 1781 in poi e vi sono le tre grandi critiche o opere di Kant, quindi il periodo dell’approccio trascendentale. 

Primo periodo:

In questo periodo il più grande autore di riferimento è Newton e scrive testi di scienze. Dopo il terremoto di Lisbona scrive un trattato sui terremoti. Scrive un saggio sull’ottimismo, ispirato da Rousseau. Kant affronta il tema dell’ottimismo rinunciando a posizioni del tipo ottimismo/pessimismo ma sostenendo che queste non siano scelte prese a priori ma attraverso il ragionamento: è il ragionamento di Leibnitz e gli torna. 

Secondo periodo:

1764- ”Ricerca sulla chiarezza dei principi della teologia naturale e della morale”. Qui assume una posizione filoscientifica e filomatematica. Dice che il metodo matematico è efficace, anche per la filosofia. Presenta una visione costruttivistica della matematica, secondo la quale la matematica è una disciplina a priori (frutto dell’intelligenza, i cui frutti ragionativi non li apprendiamo dall’esperienza ma sono innati). La nostra mente ci consente di pensare perché ha una struttura matematica, esiste solo ciò che possiamo pensare. La matematica è radicata nella nostra mente. Abbiamo bisogno di principi chiari, che possono venire dalla matematica. 

1763- ”L’unico argomento per la dimostrazione dell’esistenza di Dio“. Dice che tutti i precedenti tentativi di dimostrazione dell’esistenza di Dio poggiano su un errore logico: pensare all’esistenza come predicato, è un errore perché i giudizi di esistenza sono giudizi che uniscono un concetto ad un’altro concetto, la prova a priori è strutturata male, unisce un concetto dentro con uno fuori dalla mia mente. I giudizi di esistenza non sono giudizi predicativi(che uniscono due concetti nella mia mente) perché uniscono due oggetti, uno dentro ed uno fuori dalla mia mente. L’esistenza non è un predicato, è un presupposto alle qualità che attribuisco a qualcuno. La prova a Priori dimostra solo che posso pensare ad un essere perfetto, per constatare che esiste devo farne esperienza fuori dalla mia mente. Non posso fare esperienza di essere perfetti, quindi non posso dimostrarne l’esistenza con la prova a priori. L’unica prova è il principio di ragion sufficiente: tutto quello che esiste ha un principio di ragione che lo giustifica. Più tardi rinnegherà questa prova. Il principio di ragion sufficiente è innato. 

1766- Sogni di un visionario chiariti dai sogni di un metafisico. Dice che non vi è differenza tra i due. Il metafisico pronuncia convinzioni senza poterle dimostrare, il visionario dice di avere visioni che non ha, entrambi sono ciarlatani. Assume una posizione Humiana, non possiamo conoscere altro che l’esperienza. La metafisica è una sorta di chiromanzia. Ha chiamato la logica di Aristotele un gigante con la testa fra le nuvole e i piedi di argilla. È necessario imparare a filosofare, non la filosofia. Usa il motto di Newton “hypotheses non fingo”.

1770-La dissertazione del ‘70 — De mundi sensibilis atque intellegibili a forma et principiis (la forma e i principi dell’esperienza sensibile e dell’esperienza intellegibile). Le attività tipiche della mente umana sono l’esperienza e l’intelletto. Questo testo costituisce uno spartiacque, dopo queste critiche costruisce la sua filosofia critica entro i limiti della ragione (ermeneutica della finitudine). La nostra mente è finita e limitata. Il forte limite della ragione è l’esperienza. Kant distingue due modi di conoscere: attraverso i sensi e attraverso la ragione, la prima non è sufficiente da sola. Quella sensibile è confusa, grezza, quella intellegibile che parte dai sensi (fortemente Leibniziano). Vi sono due oggetti di conoscenza: il fenomeno=“apparenza” (una conoscenza per me) ed il noúmeno (la conoscenza in se stesso). I sensi scoprono la prima, l’intelletto la cosa come è. Spazio e tempo non sono oggetti, sono Undingen (non cose, da Ding=cosa, in tedesco), quindi non sono assoluti, non sono fuori di noi, ma ci appartengono, sono soggettive. 

Kant è un innatista, crede che nella mente abbiamo delle strutture innate che ci permettono di filtrare e dare forma alla realtà. Leibniz dice che gli empiristi non si sono resi conto dell’innatezza dell’intelletto stesso. La nostra mente ha strutture pure a priori, innate, queste esistono prima ancora che la mente faccia esperienza, e sono quella dimensione attiva modellante dell’io penso che costituisce la rivoluzione Kantiana-Copernicana (ovvero il volgersi al soggetto e non più all’oggetto). Tutte le volte che guardiamo la realtà lo facciamo attraverso degli occhiali. La “critica della ragion pura” è un’analisi delle strutture della mente. 

Terzo periodo (critico):

1781- la critica della ragione pura(come conosciamo?): è un’analisi critica della ragione innata, di come conosciamo conoscere non è solo un atto empirico e passivo). Tentativo di superare l’approccio scettico di Hume (approccio Humiano), non vuole completamente eliminare la metafisica, ne vuole una costruita sulla ragione, su solide basi, una metafisica in quanto scienza. Dobbiamo abbandonare ogni metafisica che cerca di studiare gli oggetti nella loro natura noumenica, possiamo solo studiare il fenomeno (dobbiamo avere quindi un approccio trascendentale, il trascendente è ciò che va oltre il fenomeno, noi possiamo solo studiare il trascendentale). Trascendentale vuol dire anche a priori, perché il fenomeno possiamo conoscerlo con le strutture dell’esperienza che sono innate e uguali per tutti. Il trascendentale precede e accompagna l’esperienza ma si manifesta solo nel momento in cui faccio quest’ultima. Questa opera la pubblica più volte, diverse edizioni. Per spiegare questo trattato pubblica “Prolegomeni ad ogni metafisica futura che voglia presentarsi come scienza”.  La critica della ragion pura si divide in:

  • Vorwort (=prefazione). Per primo tocca il grande elogio al padre della scienza moderna. La scienza moderna si fonda sul principio di causa effetto. Hume aveva messo in discussione i nessi causali, arbitrari dovuti all’abitudine. Kant vuole recuperare l’affidabilità della scienza moderna, dice che ci ha insegnato ad interpretare la natura non come uno studente all’insegnante ma come un giudice all’imputato, chiedendo riscontro concreto ed empirico. Diventa l’intellettuale di riferimento e per fare ciò si affida alla matematica, come Newton: la matematica non è né frutto solamente dell’esperienza né frutto solamente dell’intelletto, ha infatti una visione costruttivistica della matematica, coniuga la parte innata a quella empirica, di Leibniz. La matematica è quindi una scienza sia necessaria che feconda. È una scienza anche sintetica, il contrario di analitica. la tradizione metafisica aveva distinto tra verità di ragione e verità di fatto. I giudizi matematici però sono necessari ma anche fecondi, sintetici e anche a priori. Abbiamo tre facoltà sensitive: la sensibilità, intelletto e ragione. La sensibilità è come gli oggetti vengono presentati ai nostri sensi (spazio e tempo). L’intelletto (Verstand) è la facoltà che ordina i dati sensibili (categorie). La ragione (Vernunft) è la facoltà che tenta di andare oltre l’esperienza, va a concetti non dimostrabili, Dio, l’anima, mondo.

-  Dottrina del metodo: (si propone di determinare l’uso che va fatto degli elementi a priori della conoscenza, il metodo conoscitivo quindi).

  • In gran parte già spiegata nella prefazione. 

-  Dottrina degli elementi (si propone di indagare quegli elementi formali della conoscenza, chiamati puri o a priori), si divide in:

  • Estetica trascendentale: la sensibilità (estetica da aisthesis=sensibilità) quindi spazio e tempo, di cui ha una visione trascendentale, ovvero le forme a priori della sensibilità (intuizioni pure) che organizzano il materiale delle sensazioni (intuizioni empiriche), la sensibilità è sia ricettiva che attiva. Lo spazio è il medium del senso esterno ed il tempo è il medium del senso interno > non ogni cosa è nello spazio ma ogni cosa è nel tempo. Giustifica l’apriorità di spazio e tempo in:

  • esposizione metafisica:

  • contro l’empirismo di Locke dice che servono spazio e tempo per fare esperienza quindi non possiamo fare esperienza di questi stessi.

  • contro l’oggettivismo di Newton dice che spazio e tempo sono Undingen perché se fossero cose/Dingen allora avrebbero proprietà. Per Kant però spazio e tempo sono pur sempre coordinate assolute degli oggetti poiché sono condizioni a priori del sapere.

  • contro il concettualismo di Leibniz dice che abbiamo spazio e tempo ben prima di possedere la capacità dell’astrazione.

  • esposizione trascendentale: 

  • Kant vede nella geometria e nell’aritmetica le scienze sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche e non analitiche in quanto ampliano le nostre conoscenze. A priori in quanto i teoremi matematici valgono indipendentemente dall’esperienza. Lo spazio come la geometria mette le cose una vicino all’altra, il tempo come l’aritmetica le dispone secondo un ordine, poiché spazio e tempo sono equivalenti a geometria e aritmetica allora sono strutture innate.

  • Logica trascendentale:

si divide in:

  • analitica trascendentale: verstand/intelletto e quindi riguarda le 12 categorie (o concetti puri o predicati primi). Analitica perché analizza le strutture dell’intelletto e le sue forme a priori (pure). Le intuizioni vengono dai sensi e sono solo affezioni (sono solo passive), i concetti invece sono invece funzioni, operazioni attive che consistono nell’organizzare diversi giudizi sotto i concetti puri (ovvero contenuti a priori nell’intelletto), ovvero le categorie. Ciascun concetto è il predicato di un giudizio possibile. Le categorie sono quindi grandi caselle entro cui rientrano tutti i predicati possibili. Poiché pensare è giudicare che è attribuire predicati ad un soggetto, ci sono tante categorie quante sono le modalità di giudizio; la logica generale raggruppa secondo la qualità, la qualità, la relazione e la modalità. Deduzione trascendentale dei concetti puri dell’intelletto (ovvero delle categorie). L’appercezione trascendentale è l’unificazione di tutti i pensieri che forma la nostra mente. È la capacità di collegare i nostri pensieri, formula giudizi e li collega alle categorie, non posso pensare cose senza categorizzarle. Schematismo trascendentale, passa attraverso il tempo, medium del senso interno, prende i dati sensibili. L’IO PENSO deve sovrintendere a tutte le mie rappresentazioni (delle cose). I concetti senza esperienza sono vuoti, l’esperienza senza concetti è persa. Come conosciamo si chiama trascendentale perché trascende l’oggetto stesso, sappiamo solo come ci appare. Il tempo è il medium tra sensibilità ed intelletto, quindi come impariamo è valido proprio perché esiste questo medium. Kant è un giano bifronte, rivolto sia verso il futuro quindi al romanticismo sia verso il passato quindi  all’illuminismo. I giudizi matematici sono sintetici a priori, con la matematica vuole costruire una metafisica scientifica.

Tabella dei giudizi e delle categorie:

quantitàqualitàrelazionemodalità
universaliaffermativicategoriciproblematici
totalitàlimitazioneazione reciprocanecessità-contingenza
particolarinegativiipoteticiassertori
pluralitànegazionecausa ed effettoesistenza-inesistenza
singolariinfinitidisgiuntiviapoditticità
unitàrealtàsostanza e accidentepossibilità-impossibilità
  • dialettica trascendentale: vernunft/ragione e quindi riguarda le 3 idee (anima, mondo e Dio). Si chiama dialettica perché discute i principali errori che la ragione fa nel tentativo di superare i limiti dell’esperienza. La totalità dei fenomeni interni è l’anima. Il mondo è la totalità dei fenomeni esterni, la totalità della totalità è Dio. Non li possiamo conoscere perché non possiamo farne esperienza. Critica la teologia razionale, la psicologia razionale e la cosmologia razionale, quelle discipline filosofiche che vogliono affrontare Dio/anima/cosmo con la ragione. 

  • Critica alla teologia razionale, tutti i tentativi di dimostrare l’esistenza di Dio sono fallaci. Prova ontologica(a priori), si basa su un errore logico, pensare l’esistenza come un predicato, salta dal piano del pensiero al piano dell’essere; i giudizi di esistenza non sono giudizi predicativi. Prova teleologica(ex ordine) niente ci garantisce che esista una mente ordinatrice, perché possiamo solo fare esperienza dell’ordine magari casuale delle cose, non di ciò che provoca l’ordine. Prova cosmologica(ex causa) il concetto di causa deve operare sempre sui fenomeni, non sui principi della nostra mente, dire che deve esistere qualcosa di non ulteriormente causato non implica Dio, posso solo farlo per eventi fenomenici; il procedimento di causa effetto ha sempre il bisogno di collegarsi a fenomeni e Dio è un noumeno. Puoi solo avere fede in Dio, Kant è un fideista e critica la teologia razionale. 

  • Critica alla psicologia razionale, i quali esponenti sono tutti incappati in paralogismi (O sofismi) (tentativi che sembrano logici ma invece vanno al di là della logica stessa), credere che l’anima sia una sostanza, possiamo solo constatare che esistono i nostri pensieri e che sono tutti collegati (flusso di pensieri/io penso/ich denke), l’IO PENSO è una qualità, non una sostanza; i pensieri sono fenomeni; dice che il paralogismo che confonde il fenomeno con la sostanza è una confusione tra unità sintetica dell’appercezione trascendentale (i pensieri sono tutti un unicum, ovvero collegati) e l’unità della sostanza pensante (l’anima). 

  • Critica alla cosmologia razionale, quando l’uomo ha creduto di poter dimostrare l’esistenza del cosmo/mondo/universo inteso come totalità di tutti i fenomeni ha sbagliato, posso solo conoscere i fenomeni, non la totalità dei fenomeni, dice che la totalità dell’esperienza non è un’esperienza. La cosmologia razionale è incappata nell’antinomia (affermazioni contraddittorie). Dice che dobbiamo concepirci come liberi, saremmo in grado di sapere se siamo liberi o necessitati se riuscissimo a conoscere tutta la catena causale delle nostre azioni, ma non possiamo farlo. 

Critica della ragion pratica (come agiamo?) del 1788: qui si propone di fondare una metafisica dei costumi (già accennata ne “Fondazione della metafisica dei costumi” del 1785), ovvero una morale, perché non gli piace l’utilitarismo di Hume. Dice che questa metafisica è più importante dell’altra perché la questione morale ci riguarda tutti. 

  • analitica:

Vuole fondare un’etica universale e si propone il compito decostruttivo/critico, ed il compito costruttivo, quello di concepire un’etica fondata.

  • Nella pars/parte destruens/critica, critica le morali eudemonistiche e quelle teleologiche.

  • Critica alle morali eudemonistiche: dice che è una morale cattiva perché non tutti sono alla ricerca della felicità, e la felicità non è uguale per tutti

  • Critica alla morale teleologica: dice che non è una morale autonoma, dice che è eteronoma. Se i principi morali mi arrivano da fuori mi faccio guidare da qualcosa di esterno e quindi incappo nel problema dell’universalità. 

  • Pars construens, non vuole né una morale empirica (fare le cose in base al momento, scelgo di volta in volta), né una morale pura (che parte da concetti di bene e male prestabiliti), ne vuole una universale (la deve fondare nel cuore della soggettività, perciò sull’IO PENSO). Per poter essere una morale fondata su l’io penso  deve essere categorica(diversa da ipotetica, fondata sulla soggettività che è universalmente riconosciuta), formale, disinteressata (conta solo il fine, non le conseguenze), autonoma e assoluta. La sua morale viene chiamata deontologica (conta l’intenzione). Kant ha solo tre regole morali: sono regole iscritte nel cuore stesso della soggettività, sono regole che tutti posso accettare e capire, questi tre imperativi categorici possono riassumere tutta la morale:

  • agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere in ogni tempo come legge universale (universalità della legge).

  • agisci in modo tale da considerare l’umanità, in te stesso come negli altri, non solo come un mezzo ma sempre anche come fine.

  • agisci in modo che la tua volontà possa costituire una legge universale (universalità del legislatore).

A questi è arrivato tramite l’IO PENSO, queste regole sono derivate dalla coerenza, propria di ogni uomo (si tratta di coerentismo e dimostra una grande fiducia nella ragione umana).

  • dialettica: qui spiega perché dobbiamo postulare la libertà e dimostra che la coerenza è l’altra faccia della libertà. Kant postula quindi che siamo liberi, che esiste l’anima, che esiste Dio (anche se nella critica della ragion pura dice che non possiamo dimostrare nessuna di queste cose), lo fa per superare l’antinomia tra virtù e felicità. 

  • Abbiamo bisogno di postulare la libertà perché altrimenti non potremmo parlare di morale. 

  • Abbiamo bisogno di postulare l’esistenza di Dio perché per poter agire moralmente ci vuole un garante del Bene (qualcuno che controlli il nostro comportamento)(gli atei sono senza punto di riferimento). 

  • Abbiamo bisogno di postulare l’esistenza dell’anima perché abbiamo bisogno di postulare una parte immateriale di noi nella quale si depositino il bene ed il male che facciamo affinché Dio ci controlli.

Critica del giudizio (come giudichiamo?):

Qui vuole parlare dei giudizi finalistici (non di puri, non di quelli empirici/conoscitivi, non di quelli morali). L’uomo non è solo conoscenza e non è neanche volontà, l’uomo è anche capace di giudicare in maniera finalistica. In questa critica la capacità di giudizio dell’uomo è la capacità di giudicare le cose belle e gli esseri viventi. Per Kant questa critica ha lo scopo di coniugare il determinismo della prima critica con la libertà della seconda. La natura per lui è deterministica, l’uomo morale è libero, il mondo del giudizio è sia determinato dal determinismo che dalla volontà. C’è un’ampia introduzione che discute di cosa sia il finalismo, poi due sezioni, la prima dedicata al finalismo estetico (quindi giudizio estetico), la seconda dedicata al giudizio teleologico, entrambi analizzati con giudizi puri. 

  • Introduzione sul finalismo: Cosa è il finalismo? La nostra mente è finalisticamente inclinata, attribuiamo scopi alle cose. Il finalismo è la legalità del contingente: le cose che al momento ci appaiono contingenti (il contrario di necessario), poi scopriamo che sono necessarie. Contingentemente le cose a noi appaiono ordinate finalisticamente, poi scopriamo (poiché la nostra mente è progrediente) che quell’ordine finalistico che la nostra mente ha imposto alle cose ha una legge. Le  cose non sono predisposte ad un fine, siamo noi a vedere i fini nelle cose. I giudizi finalisti sono riflettenti, perché riflettono come uno specchio qualcosa che è dentro di noi.

  • Prima parte, dedicata al giudizio estetico: il giudizio estetico è un giudizio riflettente di finalità soggettiva. Sono giudizi di finalità soggettiva: nel momento in cui l’oggetto riflette la finalità che c’è dentro di me (dentro il soggetto), questa finalità torna da me (dal soggetto). Il bello è una proprietà soggettiva, ma dire che è soggettiva non vuol dire che è diversa per tutti, quando parliamo di bello intendiamo il bello universale. Il giudizio di bellezza scatta quando la nostra soggettività si incontra nell’oggetto, per poter dare un giudizio di bello serve un oggetto che rifletta il nostro finalismo, serve sia il soggetto che l’oggetto. Infatti per Kant il giudizio estetico è trascendentale: trascende l’oggetto in quanto esterno a noi e si radica sulla relazione soggetto-oggettiva. Tutti i soggetti utilizzano la stessa dimensione estetica, rispetto all’arte siamo tutti in grado di capire cosa è e cosa non è artistico. Abbiamo tre definizioni di bello:

  • per qualità: il bello è ciò che piace senza interesse, ovvero senza finalità pratica.

  • per quantità: il bello è ciò che piace universalmente senza concetto.

  • per modalità: il bello è ciò che ha un fine senza avere uno scopo.

  • per relazione: il bello è oggetto di piacere necessario, non può non piacere.

Il bello è quindi disinteressato, è universale, è necessario ed è puro.

La nostra mente non è solo intelletto, è anche immaginazione. Distingue ora tra bello e sublime: il bello dipende dal libero gioco di intelletto e immaginazione; il sublime è qualcosa che allo stesso tempo ci piace e ci disturba, genera inquietudine e piacere. Distingue tra sublime matematico e sublime dinamico: il sublime matematico è il sentimento che proviamo di fronte a qualcosa di enorme; il sublime dinamico è ciò che proviamo di fronte allo spettacolo della natura in movimento. Kant dice che proviamo piacere nel sublime perché osservando la natura ci accorgiamo di quanto siamo superiori, di fronte alla natura noi sentiamo di essere liberi e non determinati (il giudizio di sublime come quello di bello è: soggettivo, riflettente e trascendentale). 

Seconda parte, dedicata al giudizio teleologico: il giudizio teleologico è un giudizio riflettente di finalità oggettiva. Questi oggetti hanno uno scopo, la finalità rimane nell’oggetto.**